mercoledì 30 novembre 2011

La sete... La fame...




Non so quanto tempo sia passato. Posso sentire solo il silenzio. Tutto è impastato di polvere. Anche la mia bocca. E' caldo ovunque. La mia gola è rovente. Non riesco a deglutire. Deve esserci qualcosa. Si certo il bagno! Le mie mani sono i mie occhi. Mi faccio strada. Inciampo. La porta! Ecco sono entrato. La cassetta dello scarico... tolgo il coperchio... è piena! Posso bere...
Il brano che segue è tratto da:
Cronache del Dopobomba di Philip K. Dick
Traduzione di Ginetta Pignolo
Tra le macerie di un interrato di Cedar Street, sulle colline di Berkeley, Stuart McConchie spiava qualcosa di grigio e grasso che saltellava nascondendosi dietro i blocchi di cemento. Ad un tratto afferà il manico di una scopa, che aveva un'estremità rotta e appuntita, e strisciò in avanti.
Ken, l'uomo che si trovava con lui là sotto, magro e terreo perché stava morendo per effetto delle radiazioni, gli disse: Non vorrai mica mangiare quella roba, eh?-
Certo che lo mangio – disse Stuart, strisciando qua e là tra la polvere che si era depositata sull'interrato ormai aperto, per poi appoggiarsi al blocco di cemento spaccato. Il topo, sentendolo, squittì di paura; era sbucato dalle fogne di Berkeley e ora voleva tornare indietro. Ma c'era l'uomo, tra lui e la chiavica. Stuart pensò che doveva essere una femmina: i maschi erano molto più scarni.
Il topo zampettò terrorizzato e Stuart gli piantò in corpo il bastone. Infilata sulla punta scheggiata, la bestia era ancora viva e continuava a squittire. Stuart la tenne bloccata contro il suolo e le schiacciò la testa con un piede.
-Potresti almeno cuocerlo- gli disse il moribondo.
-No- disse Stuart. Si sedette e tirò fuori il temperino che aveva trovato nella tasca di uno scolaretto morto, poi cominciò a scuoiare la bestiola. Mentre il moribondo lo guardava con disapprovazione, Stuart mangiò il topo morto, crudo.
-Mi sorprende che tu non mangi anche me- gli disse l'uomo, dopo.
-Non è peggio che mangiare un gambero crudo- disse Stuart. Ora stava  meglio; non aveva mangiato da giorni.

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