Così come fa la nebbia
si stende un velo di lucide follie
sul vetro appannato del mio pianto.
Disegno solitudine in punta di dita
nell'esistere vago d’incerte inquietudini.
Su questo scoglio,
dove zampetta la mia tristezza
come granchio ignaro,
s'intrattiene un gabbiano pigro.
S'attarda in pensieri assenti
compagni di un'angoscia
che leggo nelle rughe della sera.
Ombre prolisse orlano il buio che verrà
e il canto di navi lontane
si perde nei miei sguardi
volati all’orizzonte.
Mi salva la pioggia
con le sue gocce d’eterne memorie.
S'infittisce spazzando il selciato,
invade le crepe dei muri,
m'inzuppa la vita
sbiadendo i ricordi.
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