Ora
appoggiato alle anse nascoste
a respirare la lenta corrente senza fine,
guardi fuggire tra le canne
quel tramonto impaurito.
Spalanchi le tue braccia
ad accogliere ogni vita sfiorita
sulle sponde umide e unte di malinconia.
Spargi il sangue delle tue ferite
tra acque di verde oscure
e intingi nel brivido della sera
la chioma di vento divina.
Muore nel silenzio
lo sguardo del tempo
e zittisci per sempre
le ore svanite nel pianto.
Ecco
Dio che nasci torrentello
di cantanti sassi
e in primavera ti orni
di spumosi biancospini
i fianchi
crescendo ti ampli
ti coronano distanze di
cementi e malinconie
in un fluire lento e devastante
fino ad arrivare mesto
dall'acque del mare
a farti ingoiare, deturpando
per qualche istante
con tuo colore putrido
quell'azzurro festante.
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